Leggendo vari articoli e commenti sulla riforma federalista in Italia, vedo spesso menzionato il “federalismo” degli Stati Uniti come modello di eccellenza da imitare.
Mi sorprende che si usi questo come un modello da imitare; un modello creato nel 1787 a Filadelfia (quella del formaggio blando che stranamente si vende in questo paese dove abbiamo piu’ eccellenti formaggi…), da 55 uomini, la maggioranza dei quali erano avvocati, possidenti di schiavi, di terreni, di piantagioni di cotone e di istituti di credito e fabbriche (ad esempio: Benjamin Franklin gia allora aveva un capitale personale di $ 150.000,00; Alexander Hamilton faceva gli interessi del super ricco suocero e cognato; George Washington possedeva sterminati terreni;) studiando attentamente la storia degli States e’ impossibile non concludere che il “federalismo” e la costituzione statunitense nacquero come un compromesso tra interessi dei ricchi proprietari di schiavi , nel sud, e tra interessi dei banchieri e ricchi del nord. Un compromesso atto a servire sempre e solo gli interessi economici dei pochi al potere, che continuarono ad arricchirsi esponenzialmente; il comune cittadino continuo’ a soffrire: infatti la schiavitu continuo’, come pure la spietata e sistematica distruzione del popolo indigeno e, le donne continuarono a non avere il diritto di suffragio. Modello da emulare?
Mi auguro che i nostri architetti proponenti del “federalismo” nostrano, abbiano ricercato le origini del documento di Filadelfia; vorrei suggerire di ripassare “A People’s History Of The United States”, di Howard Zinn, come anche “An Economic Interpretation Of The Constitution” di Charles Beard.
Spero non sia l’obiettivo dei proponenti del “federalismo” Italiano, di emulare il modello statunitense che a prima facie puo’ apparire come un nobile, etico e giusto documento, di facile menzione.
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